venerdì 17 novembre 2006

Popoli

Come si può facilmente immaginare la vita nel deserto è particolamerte difficoltosa, per questo motivo le aree desertiche sono le meno popolate del globo.
La popolazione del deserto più nota è sicuramente quella dei Tuareg. I Tuareg sono 400. 000 , sono organizzati in confederazioni e sono stanziati nel sud dell'Algeria, nel Niger e nel Mali. Oggi solo 50. 000 vivono nei limiti climatici del Sahara. Per quanto riguarda il loro aspetto fisico, presentano statura anche molto alta, faccia lunga e stretta, corporatura robusta, capelli ed occhi scuri. La loro religione è islamica.
I Tuareg sono una popolazione nomade organizzata in piccole tribù, non più di quaranta membri.
Un ruolo molto importante è rivestito dalle donne, secondo una struttura familiare di tipo matriarcale.
Vengono anche chiamati “uomini Blu” per via del colore del telo con cui gli uomini si avvolgono la testa ed il viso, lasciando scoperta solo una stretta fessura per gli occhi. Indossano una lunga veste chiamata caffettano, questo abbigliamento serve ai Tuareg per ripararsi dal vento e dalla sabbia del deserto.
Si dedicano soprattutto alla pastorizia e all’agricoltura nelle oasi e all’allevamento di dromedari.
I Tuareg vivono principalmente di prodotti ricavati dai loro animali.
La loro alimentazione è costituita da latte cagliato, burro fermentato, datteri e cereali (in particolare il miglio) dai quali ottengono la farina.
Cucinano un particolare tipo di pane che viene cotto sotto la sabbia rovente del deserto. Mangiano anche una specie di polenta di miglio, accompagnata da latte fresco cagliato e burro fuso. La carne è mangiata raramente, ma quando c'è un ospite è tradizione uccidere una capra.



La bevanda tipica dei Tuareg è il tea, un infuso di foglie di menta, mescolato a pane e zucchero. La tradizione vuole che si bevano tre bicchieri di fila per venti volte al giorno.Questa tradizione proviene dal bisogno di assumere una dose abbondante di zuccheri che si smaltisce facilmente al caldo del deserto.

Un’altra popolazione che abita il deserto è costituita dai Mongoli. I Mongoli vive nel deserto dei Gobi, che deve a loro il suo nome: gobi in mongolo significa infatti deserto. Sono solo 2,4 milioni dispersi su un territorio molto vasto con una densità di sono 1,3 abitanti per chilometro quadrato.
I mongoli che abitano il deserto dei Gobi sono tradizionalmete una popolazione di allevatori nomadi, come i Tuareg, ma oggi si dedicano anche all’estrazione del rame, del fosforo e dell’oro.
I mongoli che si dedicano alla pastorizia si spostano con il variare delle stagioni e trasportano con sè sui loro cavalli o cammelli tutto ciò che possiedono: famiglia, bestiame ( pecore, capre, cavalli, cammelli, yak ) e la tipica abitazione, la yurta o gher. Si tratta di una tenda rotonda, costituita di legno facilmente smontabile e trasportabile.
Tradizionalmente i cibi sono divisi in due categorie : gli alimenti grigi:carne ovina bollita, che si consuma principalmente nei mesi invernali e gli alimenti bianchi, derivati del latte : cacio, yoghurt, panna, consumati invece nelle stagioni più calde. Qualche volta sono presenti anche cibi composti di farina,come i Guriltai, grosse tagliatelle, mentre invece sono quasi assenti i vegetali ad esclusione del cavolo, cipolla, cetrioli e frutti di Bosco.Le bevande tradizionali sono l’Airak, latte di giumenta fermentato, la Vodka mongola, ed il Té nero condito con latte e sale .
Un ruolo fondamentale nell’economia mongola è rappresentato dall’allevamento del cavallo, si contano pià di tre milioni di capi.
Il cavallo è anche un simbolo della ricchezza e del benessere di chi lo possiede, è infatti comune mostrare selle in legno lavorate e abbellite con argento come simbolo della propria classe sociale e del proprio censo.


Per quanto riguarda l’Australia, la presenza delle popolazioni aborigene in questo continente risale almeno a 40.000 anni fa.La caratteristica distinitiva della cultura di questo popolo è il profondo rispetto per la natura, che nasce dal sentirsi “un tutt’uno con la natura”. Nella credenza tradizionale aborigena sole, luna, fiumi, canyon e tutto l’ambiente è sacro e ha un posto nella grande storia della creazione. I tradizionali aborigeni australiani vivono di nomadismo, seguendo le stagioni ed il cibo.Con pochi e semplici oggetti, utilizzati con incredibile maestria, gli aborigeni hanno imparato a vivere nel severo ed inospitale entroterra australiano.È possibile che i primi aborigeni in Australia abbiano cacciato la cosiddetta 'megafauna' australiana - canguri giganti, wombat giganti ecc, fino all'estinzione.Potrebbe essere stato così che gli aborigeni abbiano imparato a prendersi cura delle risorse naturali spostandosi su nuovi territori di caccia prima che i vecchi fossero compromessi irrimediabilmente. Nei periodi stanziali, gli aborigeni vivevano in campi aperti, caverne o semplici strutture fatte di foglie secce o altra vegetazione.Cacciatori e raccoglitori usavano il boomerang (il bastone che ritorna) E' un attrezzo di legno di particolare forma ricurva, sagomato in modo tale che, lanciato con destrezza, possa compiere nell'aria una traiettoria curva, tornando al punto da cui è stato lanciato: i lanciatori più abili lo riprendono al volo.

Il concetto moderno della proprietà era sconosciuto nella cultura tradizionale aborigena. Gli oggetti materiali erano condivisi tra i gruppi. L'idea che un individuo potesse 'possedere' qualcosa era assolutamente estranea al pensiero aborigeno.La cultura e l’arte degli aborigeni sono particolarmente ricche e rappresentano in differenti modi le leggende e i miti degli antenati: pittura del corpo, scultura del legno, incisione della roccia. Durante le cerimonie i canti sono accompagnati dal suono ipnotico del didgeridoo, l’antico strumento a fiato e dal battito delle bacchette. Canti e balli ripercorrono le rapprensentazioni della creazione e aiutano gli uomini a superare le avversità della vita e a sentirsi più forti.

Nonostante i suoi luoghi decisamente desolati, nel deserto di Atacama è documenta la presenza dell’uomo fin da tempi antichissimi, 14.000 anni! Infatti si sono ritrovati resti di abitazioni con tombe, mummie e utensili dell’età della pietra.I primi abitanti della regione furono gli indios atacameños autoctoni, che si insediarono nei llanos, i piani del Quimal, accomunati in minuscoli centri isolati. La loro lingua era il cunza, ora è quasi scomparsa. Gli indios vivono di pesca e i contadini, in virtù dell’acqua d’alcuni pozzi, raccolgono le uova dai nidi paludosi dei fenicotteri.
Ma il deserto di Atacama ha anche altri abitanti, si tratta del minatori bianchi che lavorano nelle miniere di rame, di nitrati, d’argento. Le miniere di rame, destinato all’esportazione, dànno lavoro a decine di migliaia d’operai, che però vivono in infernali baracche, né possono provvedersi, come i dirigenti americani di cibi freschi aviotrasportati da Antofagasta. L’atmosfera poi è inquinatissima. Il deserto di Atacama è il regno della sete. E’ comprensibile come una delle feste più sentite sia Limpia de las acequías, la pulizia dei canali conduttori d’acqua. Le feste degli autoctoni, connesse con le stagioni agricole, sono frequenti. Le loro danze durano due giorni in onore della Madonna di Guadalupe; il ballo è espressione d’una devozione non esente da influssi atavici precristiani. L’atacama può essere considerato un esempio di come l’uomo sia in grado di adattarsi alle regioni più inospitali.

Flora e fauna

Scarsissime quantità di acqua e temperature estreme sono i motivi per cui la vita nel deserto è una sfida.
Non è corretto dire che essa sia assente, quanto piuttosto rara e complicata.
Tanto nei deserti caldi (come per esempio il Sahara africano, il Gran deserto australiano o quelli Arabico e californiani), quanto nei deserti freddi (come il Gobi in Mongolia o quello della Patagonia meridionale) le forme viventi diventano sempre più rare procedendo verso le zone più interne.
Interessanti sono le strategie che i viventi, animali e vegetali, hanno escogitato per sopravvivere in condizioni di vita estreme. Queste strategie prendono il nome di adattamento.

La flora: non solo cactus
Per ridurre al minimo il consumo di acqua le foglie si trasformano fino a diventare spine come nelle Cactacee, o sono ricoperte di una fitta peluria che rallenta la traspirazione, come molti arbusti.
Durante la stagione arida alle piante dei deserti cadono foglie… e rami.
Esse poi concentrano nel periodo delle piogge il loro breve periodo vegetativo, quello in cui fioriscono e fruttificano.
Spesso le piante del deserto possiedono appositi tessuti di riserva in cui si conserva l’acqua assorbita durante la pioggia, per cui vengono chiamate piante succulente: l’esempio più celebre di piante succulente sono i cactus.
Altre hanno le radici molto estese, e vanno ‘a caccia’ d’acqua in profondità. C’è un altro elemento che fa dei vegetali del deserto una categoria molto particolare: le modalità differenti con cui viene effettuata la fotosintesi.


Tra gli effetti dell’adattamento delle piante alla dura vita dei deserti, c’è l’acquisizione, nel corso del processo evolutivo, di un aspetto che è a volte bizzarro: famose sono in tal senso le Cactacee e le Agavacee.
I cacti sono le piante succulente più note del deserto americano. Essi hanno dimensioni variabilissime, dal saguaro gigante, ai piccoli cacti rotondi. Assumono spesse forme cilindriche e anche sferiche, esponendo quindi alla luce la minima superficie evaporante. Sono privi di foglie. Le superfici sono generalmente spinose per scoraggiare gli animali assetati.








La fauna
Nella fauna del deserto sono rappresentati tutti i principali gruppi zoologici. Ci sono molluschi, insetti, scorpioni e altri aracnidi, rettili, piccoli roditori, cammelli, dromedari, antilopi, felini, alcuni uccelli.
Per sopravvivere essi devono affrontare una serie di difficoltà: sfuggire alla calura o al freddo intenso, trovare il cibo, ridurre la perdita d’acqua.

Problema acqua
Nel deserto, caldo o freddo, il risparmio dell’acqua è una legge di sopravvivenza. A tale scopo gli insetti hanno un rivestimento di chitina, uno spesso rivestimento esterno che rende il corpo impermeabile all'acqua e che offre una buona protezione contro l'eccessiva traspirazione; i rettili hanno la capacità di conservare l'acqua assimilata dalle loro prede con grande efficienza e hanno escrezioni concentratissime; inoltre la pelle coperta di squame cornee impedisce la traspirazione.
Tutti gli animali depositano escrementi e urine molto concentrate. Le feci dei dromedari sono talmente secche che si usano direttamente come combustibile per il fuoco.
Tra gli uccelli, il gufo reale del Sahara, per esempio, non ha bisogno di bere perché recupera i liquidi dalle sue prede.






50 °C all’ombra!
Molti animali hanno colori mimetici ed hanno sviluppato trasformazioni degli arti atti a non farli affondare nella sabbia. Inoltre quasi tutti gli animali dei deserti caldi sono di pelle chiara sia perché si mimetizzano meglio, sia perché il colori chiari riflettono maggiormente il calore rispetto ai colori scuri.

Animali tipici dei deserti sono il cammello e il dromedario, utilizzati dalle popolazioni locali come animali da soma e come cavalcatura. Hanno entrambi zampe piatte, adatte a camminare sulla sabbia, un mantello molto folto per proteggersi dai raggi solari e una (il dromedario), o due (il cammello) caratteristiche gobbe, il cui grasso, mediante un complesso processo metabolico, serve a produrre liquidi necessari a questi animali per sopravvivere in condizione di grave disidratazione, rendendoli particolarmente adatti alle difficili condizioni ambientali. Il dromedario ha fama per la sua capacità di resistere mesi senza bere: senza cibo né acqua, resiste fino a un'intera settimana. Il genere Camelus, di cui fanno parte dromedari e cammelli, è presente allo stato domestico nel Vecchio Mondo, dal Nord Africa all'Asia centrale; solo alcune piccole popolazioni di cammelli vivono allo stato selvatico nel Deserto di Gobi. Il dromedario è stato recentemente introdotto dall'uomo anche nelle zone desertiche degli Stati Uniti (Texas, Arizona e Nuovo Messico) e dell'Australia.




Alcuni animali si adattano agli estremi stagionali sfruttando il territorio quando le condizioni sono favorevoli e migrando quando diventano troppo difficili; altri escono dal letargo solo in occasione delle rare piogge; nelle zone sabbiose molti scavatori e molti rettili, dotati di speciali protezioni per gli occhi, trovano rifugio immergendosi nella sabbia. Sorprendenti sono gli adattamenti escogitati per resistere alla mancanza di acqua, per sfuggire alla calura e mantenersi freschi, per cercare il cibo e sfuggire ai predatori.
Tra gli animali diurni, alcune formiche del deserto presentano zampe lunghissime e movimenti estremamente rapidi: sembra quasi che corrano ‘in punta di piedi’ sulla sabbia caldissima. Anche al gerboa del Sahara lunghi arti posteriori consentono di balzare agilmente sulle sabbie desertiche.


Un serpente del deserto può starsene al riparo di un cespuglio nelle ore più calde del giorno, mantenendosi anche a un metro da terra e deve continuamente spostarsi dal sole all'ombra per mantenere l'equilibrio termico; egli è però così facile preda di avvoltoi e gli uccelli da preda che si librano alti nel cielo.


Lo scinco delle sabbie è un tipico abitante delle dune del deserto sabbioso. Questo animale è attivo solo nelle ore più calde del giorno, durante le quali va a caccia. Trascorre il suo tempo nella sabbia, nella quale "nuota" agilmente grazie alla sua forma affusolata. È totalmente inoffensivo e la sua colorazione ne fa un simpatico abitante del deserto, sovente compagno di giochi di bambini.
La tradizione superstiziosa degli abitanti del deserto pone attribuisce a questo animaletto proprietà magico-divinatorie: il suo muoversi sinuoso, l'aspetto immobile dei suoi occhi, le reazioni dopo essere stato stimolato con bastoncini sono letti come segnali di precognizione.

La vipera cornuta del Sahara è l'animale più temuto dai nomadi del deserto. La sua colorazione simile alla sabbia la nasconde e ne fa un pericolo costante e improvviso. Il suo veleno è letale per l'uomo e, a volte, persino per un dromedario. Sopporta bene periodi di digiuno anche prolungati e temperature piuttosto elevate poiché è un animale a sangue freddo. I due cornetti sopra orbitali hanno la funzione di evitare che la sabbia gli entri negli occhi. Durante i lunghi periodi in cui attende la preda resta in agguato completamente nascosta nella sabbia e lascia sporgere solo le sue diaboliche corna.

Nel deserto della Costa degli Scheletri, in Namibia (Africa sudoccidentale), alcuni insetti hanno sviluppato particolari strutture allo scopo di far condensare sul loro corpo la nebbia (frequente al mattino) per potersi dissetare con le goccioline d'acqua.

Tra le specie di mammiferi che vivono negli ambienti desertici figurano gli orici, il topo delle piramidi e il fennec (o volpe del deserto). Questo animale, lungo dai 40 ai 60 cm appena, per favorire la dispersione del calore corporeo ha sviluppato orecchie molto grandi (arrivano a 15 cm), in cui il sangue sotto la pelle irradia una gran quantità di calore. In generale tutti i mammiferi del deserto presentano particolari forme di adattamento: per esempio, hanno sviluppato un fitto rivestimento di peli nelle narici e apposite reti di capillari (reti mirabili) per raffreddare l'aria in entrata ed eliminare il vapore dall'aria in uscita dai polmoni e sono in grado di utilizzare l'acqua prodotta dal proprio metabolismo, come alcuni insetti possono utilizzare l’acqua metabolica, derivante cioè dalla scissione dei carboidrati (per esempio, Coleotteri Tenebrionidi, tipici della fauna desertica).

Morfologia e acqua

Il deserto è un luogo che a prima vista potrebbe sembrare immobile. In realtà, le rocce si screpolano e si frantumano in parti più piccole, chiamate detriti. I detriti, a seconda delle loro dimensioni, formano la ghiaia o la sabbia.

Questa disgregazione è dovuta a tre fattori tipici della regione desertica:

  • Forte escursione termica
  • Mancanza di umidità
  • Mancanza di vegetazione

L’escursione termica provoca la frantumazione delle rocce, mentre la mancanza di umidità e di vegetazione rendono il terreno fragile e sottoposto all’azione del vento.

Il vento trasporta infatti i detriti in cumuli chiamati dune, che si muovono e cambiano forma e dimensioni continuamente.
I detriti più piccoli vengono spostati dal vento tramite sospensione, cioè si spostano sospesi in aria, arrivando talvolta a grandi altezze (anche 3 km). I detriti più grandi vengono spostati per saltazione, cioè rimbalzando e rotolando sul terreno.

Dopo periodi di forte vento, il cielo può rimare offuscato a causa dei piccoli detriti anche per interi giorni. Talvolta, questi detriti possono ritornare a terra con le rarissime piogge: l’acqua assume in questi casi un colore rossastro.

Distinguiamo tre tipi di deserti:

  • pietrosi
  • ghiaiosi
  • sabbiosi

In alcune regioni il terreno può anche essere coperto di sale: queste regioni erano in origine fondali di antichi laghi o mari.




















Nei deserti l’acqua è forse il bene più prezioso, proprio perché elemento strettamente collegato alla vita degli esseri viventi e così raro nelle regioni desertiche.
Le piogge nel deserto sono tremendamente scarse, basti pensare che in media si aggirano attorno ai 250 mm annui, contro gli 825 di Firenze, i 1178 del Lago di Iseo.
A questo punto, per rendere meglio l’idea, mostriamo tre diverse quantità d’acqua, in un piccolo misurino e in contenitori via via più grandi.





Oltre che scarse, le piogge sulle regioni desertiche evaporano molto velocemente a causa delle elevate temperature.
La vita nel deserto, come altrove, è comunque legata alle acque. E la presenza di acqua, a sua volta, è collegata al concetto di oasi.
Un'oasi è un’area di vegetazione isolata in un deserto, che di solito circonda una sorgente o una simile fonte d'acqua. La formazione di un’oasi è legata alle precipitazioni di pioggia: quando piove, parte dell’acqua penetra nelle profondità del terreno (questo accade dappertutto, non solo nei deserti), e scende sottoterra finché non incontra uno strato di roccia impermeabile. Qui l’acqua si ferma e forma una riserva sotterranea, chiamata falda. Quando l’acqua di una falda incontra una depressione del suolo (ad esempio una valle, un abbassamento del livello del suolo), essa trova un “canale” per tornare in superficie, generando così le oasi.

Il fabbisogno giornaliero per un adulto è di un litro e mezzo, ma molto dipende dalla quantità di liquidi persi con la traspirazione.
La sudorazione è un meccanismo fondamentale per la regolazione della temperatura corporea: per evitare di disperdere eccessive quantità di liquidi si possono adottare gli usi e le abitudini delle popolazioni che da sempre convivono con questo problema. I touareg per esempio, sono sempre abbigliati con diversi strati di tessuto che li ricoprono interamente. Molto adatto alla situazione è il tipico copricapo touareg: lo shesh. Si tratta di una fascia di cotone lunga sino a 6 metri che viene avvolta attorno al capo e al viso proteggendo anche bocca e naso, contribuendo così a conservare l'umidità contenuta nel nostro respiro. Assolutamente da evitare l'errore di scoprirsi eccessivamente (non vedrete mai un touareg spogliarsi al sole!) o di esporsi al sole a torso nudo. La disidratazione e la perdita di sali minerali può causare gravissime conseguenze, con dolori articolari e senso di spossatezza.



Il deserto: introduzione

Si definisce deserto ogni area inadatta all’insediamento umano, del tutto o quasi disabitata, in cui non piove quasi mai, meno di 250 mm all’anno, il terreno è arido e non coltivabile. Si devono distinguere due tipi principali di deserto, i deserti caldi e i deserti polari freddi. Le aree desertiche coprono circa il 30% delle terre emerse, il 16% sono deserti caldi e il 14% deserti freddi. Entrambi i tipi di deserto, caldo e freddo, sono accomunati da un fattore predominante, che è il vento.I deserti si trovano a tutte le latitudini. Oltre che nelle fasce delle alte pressioni tropicali, si trovano alle medie e alte latitudini, all’interno dei continenti, lontano dagli oceani o dove catene montuose fungono da sbarramento ai venti umidi provenienti dal mare. I deserti delle alte latitudini sono quelli a inverno freddo.

- I DESERTI CALDI: si trovano nella fascia tropicale ed equatoriale. Le caratteristiche principali dei deserti caldi sono l’estrema aridità, la quasi totale mancanza di vegetazione, la mancanza di corsi d’acqua perenni, la forte insolazione, la scarsa umidità atmosferica, la prevalenza delle alte pressioni e l’azione di forti venti secchi.



- I DESERTI FREDDI: si trovano nelle regioni settentrionali e meridionali a margine dei continenti boreale e australe, in Greonlandia, Artide e Antardide. Si caratterizzano per freddo intenso e perenni distese di neve e ghiaccio. Il paesaggio polare occupa quasi interamente le due calotte polari, delimitate dal Circolo Polare Artico e dal Circolo Polare Antartico. La temperatura supera raramente gli 0° anche in estate e in inverno può scendere al di sotto dei 50°.


I deserti possono avere conformazioni differenti. Il tipo più noto, detto in arabo erg, è costituito da immense distese di sabbia, come nel Rub al-Khali, nell’Arabia centro-meridionale o nel Deserto Libico, tra Libia ed Egitto, ed è caratterizzato dalle dune, che vengono spostate dai venti. Esistono tratti di deserto ricoperti di sassi, chiamati in arabo hàmada, come in alcune zone del Sahara. Ci sono deserti misti di sabbia e ciottoli, spesso taglienti, chiamati in arabo serìr. Solitamente i deserti sono pianeggianti, ma spesso presentano dei rilievi isolati, detti inselberg (che significa «montagne di pietra»).


Alle alte latitudini ci sono vasti deserti con inverno freddo. Essi hanno un clima arido ma temperature basse per un lungo periodo dell’anno. Si trovano molto all’interno del continente e altissime montagne fanno da barriera, perciò c’è un lungo periodo invernale, ma le precipitazioni sono sempre scarse; queste zone si caratterizzano per una forte escursione termica annua. Per esempio, Urga, capitale della Mongolia, situata a un’altitudine di 1150 m., ha 17,5° in luglio e -28° in gennaio, con un’escursione di 45°. Questo tipo di deserto è tipico dell’Asia continentale: come il deserto di Gobi o le aree semidesertiche tra le montagne e le pianure dell’estremo territorio cinese occidentale e i paesi dell’Asia centrale interna, come Kazakistan e Uzbekistan.


Inoltre esistono grandi deserti di alta montagna all’interno dei continenti, dove le comunicazioni sono difficili, l’aria è rarefatta e il clima molto freddo (per esempio, in Asia, sulle catene dell’Himalaya, o in America, sulle aree più elevate delle Ande).


Il maggiore dei deserti, per notorietà ed estensione, è quello del Sahara, nell’Africa settentrionale. Esso occupa quasi tutta la fascia settentrionale del continente e si estende per nove milioni di km2, tra l’Atlantico e il Mar Rosso. È costituito da un grande tavolato, con sistemi montuosi isolati ed è diverso da parte a parte, con zone rocciose (hammada), ciottolose (serir) e sabbiose (erg).




(il deserto del Sahara visto dal satellite. Immagine tratta da Google Earth)






La fascia desertica si prolunga a ovest attraverso l’Arabia, l’Iran, il Turkestan fino all’Asia centrale e alla Mongolia. In queste zone si trovano i deserti a inverno freddo, come quello di Gobi. Il deserto di Gobi occupa il centro della Mongolia e si prolunga a ovest fino al Turkestan orientale, stendendosi senza interruzione per 3600 km dal Pamir ai confini della Manciuria; ha una superficie di circa 2 milioni di km2. Politicamente è suddiviso tra la Cina e la Mongolia. È un vasto tavolato, di un’altezza media di 1000 m. È attraversato da letti torrentizi che sono invasi dalle acque durante le piogge e sboccano in stagni temporanei, chiamati «gobi», che danno uno dei nomi usati per questo deserto. Il deserto di Gobi è caratterizzato da plaghe sabbiose, dove sorgono, isolate, delle masse rocciose erose da tempeste di sabbia, che si accumula in vari luoghi in lunghe dune sinuose. La vegetazione è del tipo della steppa desertica.


(il deserto dei Gobi)





Vasti deserti si trovano nell’Africa meridionale: verso sud-ovest, il deserto del Namib, e nel Kalahari.
In America settentrionale si trovano vaste aree desertiche, poiché le catene montuose le separano dagli influssi oceanici: si estendono in Arizona, Nuovo Messico, Colorado, Texas, Messico settentrionale, nel cosiddetto Grande Bacino delle Montagne Rocciose. A differenza degli altri territori desertici, questi ultimi si stendono su regioni caratterizzate da grandi catene montuose disposte principalmente in senso meridiano. Questa conformazione ha determinato anche la disposizione delle zone aride, che si estendono in senso longitudinale, parallelo alle catene.

Nell’America meridionale si trovano il deserto di Atacama, esteso dal Perù al Cile, e il deserto argentino e della Patagonia. Il deserto di Atacama si estende dalle Ande all’oceano ed è il deserto più arido della Terra, tanto che è stato paragonato al suolo di Marte e utilizzato dalla NASA per provare gli strumenti per la prossima missione su Marte. Esso è costituito da vasti bacini di sale (salares), sabbia e lava.
(immagine di Atacama)





Nell’interno dell’Australia si estendono vaste zone desertiche, dove non si riscontrano però gli estremi di aridità del Sahara, prevalgono infatti forme di predeserto con stentata vegetazione. In Australia manca il deserto di pietra, ma si trovano zone coperte di sassi (gibber, pron. «ghìbber»). Mancano anche le dune mobili; le maggiori dune sono lunghissime e con una vegetazione sufficiente ad ancorarle sul posto. I tre tipi principali di paesaggio che si incontrano nella regione desertica australiana sono le dune longitudinali, la boscaglia di acacie e il ceduo di eucalipti.